Vi si accede dal Chiostro dei Corvi, con la possibilità di visitare l’area espositiva e, nel contempo, godere del panorama della città di Avellino e della valle del Sabato grazie alla presenza di tre ampi finestroni, ubicati nella sala dell’ex-refettorio monastico.

Suddiviso in quattro aree tematiche, si sviluppa attraverso diversi ambienti disposti su due piani. Dotato di un book-shop e ascensore per disabili.

Nella prima parte sono in esposizione dipinti, icone e reperti lignei. Tra i quadri si segnalano il “San Francesco in estasi”, attribuito a Guido Reni, ”Il perdono di Giuseppe”, della scuola di Paolo Veronese, ed una serie di quadri, con diversi soggetti, i cui autori sono tra i maggiori esponenti del “Barocco Napoletano”, quali Luca Giordano, Mattia Preti, Pacecco De Rosa ed Andrea Vaccaro; particolarmente interessante è la “Salomè”,copia da Caravaggio, attribuita a Battistello Caracciolo. Ricca di fascino è, nel suo insieme, la collezione di icone orientali, ma anche di splendide tavole medievali, come la Madonna in maestà (sec. XIV) di scuola senese, l’ex-voto di Margherita di Savoia (sec.XV), ma soprattutto la Madonna del Latte (sec. XII), meglio nota come “Madonna si San Guglielmo”, prima icona venerata la Santuario. Completano la prima sezione due autentici capolavori di arte lignea: il monumentale Cristo deposto (cm 200X140) di XIII sec. e la spettacolare Cattedra di XII-XIII sec.

Il percorso prosegue, nella seconda parte, attraverso ambienti in cui sono esposti parametri sacri (mitrie, pianete, piviali, dalmatiche.) ed oggetti di genere liturgico. Di notevole interesse sono la croce astile (sec XV) ed i calici di manifattura siciliana e napoletana, oltre quelli appartenuti ai pontefici quali Leone XIII e S. Pio X, arricchito quest’ultimo calice da ametiste a taglio ovale e cabochon, opali, turchesi e brillanti. A completare la sezione vi sono gli ostensori, reliquiari, incensieri e navicelle, ma soprattutto gli ornamenti ed i gioielli della Madonna di Montevergine; un autentico tesoro di altissimo valore, frutto di donazioni importanti nel corso dei secoli. La tavola della Madonna di Montevergine era infatti arricchita da simili manufatti fino al 1960, anno in cui l’icona fu sottoposta a restauro e quindi privata dei suoi beni preziosi.

È dedicata invece ai reperti marmorei, di epoca medievale e di età antica. La sezione medievale (secc. XII-XIV) caratterizzata da elementi che costituivano parte integrante della chiesa gotica fino alla trasformazione seicentesca voluta dall’abate Giordano. Vi si trovano figure tombali dei Lagonissa, il sarcofago Lautrec e sculture varie della bottega di Tino da Camaino, il tutto ricollegabile alle vicende dei signori angioini, che si iscrissero alla confraternita di Santa Maria di Montevergine e chiesero di essere sepolti nella chiesa del santuario. Ma una particolare attenzione la meritano sicuramente i due pulvini romanici (sec. XII), con figure in bassorilievo. La sezione antica presenta soprattutto reperti di epoca romana (secc. II e III). Splendidamente conservato è il sarcofago strigilato della tipologia delle tenoi ovali, da cui emergono in alto rilievo, due protomi leonine e dall’altro alto due teste di Gorgone. Interessanti sono anche diversi frammenti di sarcofago, uno dei quali presenta a rilievo la scena dell’Amazzonomachia.

Non mancano inoltre reperti fittili di III-IV sec. a. C: tra cui la particolare ceramica a vernice nera. La necessità di destinare un apposito locale, per contenere opere d’arte e reperti di interesse storico-locale fo avvertita a Montevergine dopo l’incendio della foresteria nel 1611 e dopo la caduta della navata centrale della chiesa nel 1829 Nelle due dolorose circostanze, i monaci recuperarono pezzi di architettura e di scultura, tavolette votive e scene di presepio che in fase di ricostruzione, non trovarono più posto nella sede di origine. L’abate lacuzio, nel 1764 pensò bene di catalogare ed esporre quei reperti nel corridoio attiguo al cortile dei Corvi. Purtroppo questa prima sistemazione museale durante i secoli delle soppressioni, fu disfatta.

Solo nel secondo dopoguerra, grazie ad un rinato interesse per le memorie del passato e all’apporto scientifico ed economico del competente ministero è stato ripreso il discorso sul Museo di Montevergine, aperto al pubblico nel settembre del 1968. A partire dal 2000, in occasione del grande Giubileo, si giunge alla sistemazione definitiva delle sale museali.